mercoledì 25 novembre 2009

La morte dell'ironia e della provocazione

L'edizione italiana della rivista Rolling Stone ha dedicato in questi giorni il riconoscimento di "rockstar dell'anno" a Silvio Berlusconi, con tanto di copertina disegnata da Shepard Fairey.
L'episodio forse passato in sordina al grande pubblico, non sarà dei più importanti, ma sottolinea e smaschera qualcosa dello stato mentale del paese. Nella copertina vediamo un Berlusconi dal ghigno agghiacciante, due piccoli teschi ai polsini della camicia, mentre strappa una bandiera tricolore con la scritta "rockstar dell'anno". E qui nasce il caso, perchè mentre anche il più inesperto lettore capirebbe il tono grottesco della copertina e la provocazione sottointesa legata allo stile di vita "rock" del premier, molta della stampa locale di destra ha individuato e riportato questa copertina e questo riconoscimento come un elemento positivo per il Presidente del Consiglio. Toni trionfali, convinti che il riconoscimento della rivista sia univoco e serissimo.Tutto questo mentre all'interno della rivista gli articoli firmati da Vincenzo Cerami, Alberto Piccinini, Silvia Ballestra, Stefano Pistolini e Francesco Bonami confermano una lettura molto critica sul personaggio.

Una provocazione, insomma. Ce n'era bisogno in tempi come questi? Forse si perchè per una volta un giornale italiano si diverte a usare l'icona-Berlusconi.

La situazione si complica però quando guardiamo alle reazioni da sinistra: per nulla entusiaste dello scherzo, perplesse e persino gelide.
Il popolo della rete, in teoria giovane e consapevole degli spiazzanti codici della comunicazione, non apprezza o forse non comprende. Alla sede della rivista confermano di ricevere una valanga di mail di insulti: i redattori non paiono preoccupati, sapevano di poterselo aspettare, ma forse anche un poco sorpresi di tanta incomprensione.

Ora, quando una provocazione stenta a venire riconosciuta ci sono due possibilità. La prima è che si tratti di un'operazione troppo ambigua: Rolling Stone avrebbe dovuto strizzare l'occhio ai suoi lettori, dichiarare in modo più palese le intenzioni scherzose. Ma questo avrebbe sminuito la provocazione.

L'altra possibilità è che la provocazione sia invece ben fatta, ma il pubblico italiano, non sia in grado di riconoscerla. Possibilità inquietante perché la copertina di Rolling Stone rischia di ricordarci che ancora una volta è il popolo a essere nudo, sprovvisto persino degli strumenti per leggere un'immagine che rimanda, con la dovuta insolenza, alla complessità del nostro momento. Proprio la nazione governata da un clown non sarà, per caso, quella incapace di una consapevole risata?

Grazie a Giorgio Fontana e Marco Mancassola

1 commento:

  1. Non credo che la gente sia tutta imbecille.
    Prima di tutto, lo humour non funzionava perché basato su una serie di vecchi preconcetti sulla vita da "rockstar" stile anni '70 cui nessuno crede più, e che comunque non comportavano la dittatura mediatica, la distruzione del sistema giudiziario, eccetera.
    Secondo, perché quello della copertina è uno scherzo da prete, alla Forattini, fin troppo rispettoso rispetto alle malefatte di questo tizio -abbiano il coraggio di mettere in copertina una bella minchia con la faccia di Silvio, o la sua scheda di iscrizione alla P2, come fece Mucchio Selvaggio, e poi se ne riparla; o magari qualcosa così: http://img262.imageshack.us/i/hachfeld20080626se8.png/.
    Personalmente, ho capito bene la provocazione ma odio le provocazioni (quelle che poi, se la cosa si gonfia puoi sempre dire, "Suuu, era una provocazione!"), le trovo opportunistiche e prive di coraggio; e mi sono infastidito perché ho pensato fosse una stronzata per far parlare di una rivista che annaspa.

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